Tel. 06 62280464 – 06 45653549

È meglio intestare la casa ad uno solo dei due partner o ad entrambi? È giusto intestare una quota maggiore della casa a chi mette più soldi nell’acquisto? Qual è l’opzione più vantaggiosa dal punto di vista fiscale?

Le situazioni sono differenti a seconda se si è conviventi oppure sposati.

Nel caso di convivenza e di acquisto della casa a metà con conseguente cointestazione, c’è maggiore tutela in quanto, in caso di scioglimento della coppia, uno dei due potrebbe acquistare la quota dell’altro o pagando il relativo prezzo oppure accollandosi il mutuo. Se l’acquisto viene fatto da un solo componente della coppia, partecipando l’altro solo economicamente, la situazione diventa più complicata, ma si potrebbe ovviare siglando un accordo (anche di mediazione) tra i conviventi in cui risulti che l’altro partecipa economicamente all’acquisto, così da regolare eventuali impegni futuri di restituzione.

Poi c’è il caso delle coppie sposate in comunione dei beni per cui gli acquisti compiuti durante il matrimonio, anche all’insaputa l’uno dell’altro, cadono automaticamente in comunione al 50%. Ci sarebbe anche la possibilità di far sì che la casa, anche in regime di comunione dei beni, divenga interamente di proprietà di un solo coniuge grazie alla dichiarazione fatta dal coniuge non acquirente in fase di acquisto.

In caso di coppie sposate in regime di separazione dei beni, invece, ognuno dei due conserva la titolarità del bene acquistato durante il matrimonio. I beni potranno risultare comuni se l’acquisto viene fatto al 50%. A volte può risultare necessario, ai fini fiscali, che uno dei due coniugi risulti unico acquirente, così da usufruire dei benefici sulla prima casa. Nel caso però la coppia si separi e il bene è intestato ad uno solo, l’altro può tutelarsi con l’inserimento dell’abitazione in un fondo patrimoniale, cosicché il trasferimento sia possibile solo con il consenso di entrambi. Vi è poi una ulteriore possibilità che è quella di intestare l’usufrutto o una quota di esso al coniuge che ha contribuito con una somma minore all’acquisto, in modo tale che alla sua morte o alla scadenza dell’usufrutto la proprietà rimanga nella linea ereditaria dell’altro coniuge.