Tel. 0662280464 – 0645653549

Una volta ritualmente incardinato, il procedimento di mediazione si snoda attraverso una serie di fasi scandite da incontri celebrati di regola presso l’organismo di mediazione adito, i quali coinvolgono le parti, gli avvocati ed il mediatore designato.
Il primo di tali incontri, richiamato in varie disposizioni del D.lgs. n. 28 del 2010 e definito dal legislatore “primo incontro” – in dottrina denominato anche “incontro filtro” o “incontro di programmazione” – riveste una particolare rilevanza nel quadro della procedura conciliativa soprattutto per sua duplice natura che è al contempo informativa e decisionale.

In primo luogo, dal punto di vista strettamente procedurale, la legge stabilisce che il primo incontro sia fissato dal responsabile dell’organismo non oltre il termine di trenta giorni decorrente dalla data di deposito della domanda di mediazione, la quale, unitamente alla data del primo incontro, è comunicata alla controparte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante (cfr., art. 8, comma 1, primo e secondo periodo, del D.lgs. n. 28 del 2010).
Inoltre, già proprio in occasione del primo incontro ed agli incontri successivi, fino al termine della procedura, si prescrive che le parti partecipino con l’assistenza dell’avvocato (cfr., art. 8, comma 1, terzo periodo, del D.lgs. n. 28 del 2010).

Sempre in sede di primo incontro, poi, il mediatore, chiarita alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, invita le medesime ed i loro avvocati ad esprimersi sulla possibilità di dare avvio alla procedura di mediazione. In tale ipotesi, in caso positivo, ovvero di assenso delle parti, il mediatore prosegue con lo svolgimento del procedimento di mediazione (cfr., art. 8, comma 1, quarto periodo, del D.lgs. n. 28 del 2010).Altra disposizione della disciplina in esame dispone testualmente che quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo (cfr., art. 5, comma 2–bis, del D.lgs. n. 28 del 2010).Infine, alla disciplina esposta si riannoda anche la previsione normativa relativa al regime dei costi della mediazione: è, infatti, previsto che, nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso risulti dovuto per l’organismo di mediazione (cfr., art. 17, comma 5–ter, del D.lgs. n. 28 del 2010).

Tanto premesso in punto di disciplina positiva, la questione del primo incontro costituisce senza dubbio uno dei nodi più intricati e spinosi del procedimento di mediazione. Infatti, complice un dettato normativo di ambigua quanto frammentaria formulazione, si sono sollevati numerosi dubbi interpretativi.

In particolare, la principale questione che dottrina prima e giurisprudenza poi sono state chiamate a risolvere investe il delicato tema sollevato dallo stesso esperimento del tentativo di mediazione obbligatoria in sede di primo incontro e dei presupposti che consentono di ritenere lo stesso ritualmente ed utilmente concluso ai fini del corretto assolvimento della condizione di procedibilità.

Ci si è chiesti, in particolare, se, a tal fine, sia sufficiente che le parti compaiano, assistite dai loro avvocati, per il primo incontro davanti al mediatore o è invece necessario che si dia “effettivo” corso alla mediazione. In altri termini, al fine di realizzare la condizione di procedibilità della domanda, l’interrogativo che si è concretamente posto all’attenzione dell’interprete è il seguente: è sufficiente che la parte istante, comparsa personalmente o in forma ritualmente delegata, possa, una volta ultimate la formalità preliminari illustrative delle finalità e delle modalità della mediazione, limitarsi a comunicare al mediatore di non aver nessuna intenzione di procedere oltre e di provare a trovare una soluzione, o, al contrario, è necessario che la mediazione sia appunto “effettiva”, nel senso che le parti provino quanto meno a discutere per trovare una soluzione, per poi poter dar atto a verbale della impossibilità di addivenire ad una soluzione positiva?

Al quesito ha dato risposta una nota pronuncia della Corte di cassazione (cfr., Cass. n. 8473/2019 ), la quale, assumendo sulla questione una netta posizione, ha successivamente orientato il corso della prevalente giurisprudenza di merito che, sul punto, aveva manifestato indirizzi contrastanti.

In particolare, secondo una tesi accreditata dal foro fiorentino e poi seguita da altre corti, tanto nella mediazione obbligatoria “ex lege ed in quella delegata “iussu judicis“, in cui il tentativo obbligatorio è previsto a pena di improcedibilità dell’azione ai sensi dell’art. 5, comma 1–bis e 2 del D.lgs. n. 28/2010, l’invito formulato dal mediatore alle parti in sede di primo incontro “..a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione..” doveva intendersi quale invito a pronunciarsi sulla mera sussistenza di impedimenti all’effettivo esperimento della medesima e non già sulla volontà” delle parti di dar corso al procedimento: pena la trasformazione della mediazione obbligatoria in mediazione facoltativa, rimessa sostanzialmente al mero arbitrio delle parti medesime, con evidente, conseguente e sostanziale “interpretatio abrogans” del dettato normativo in esame ed assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflativa.

Premesso ciò, in sintesi, secondo il giudice di legittimità, tanto l’argomento letterale – il testo del citato art. 8 del D.lgs. n. 28 del 2010 – quanto l’argomento sistematico – la necessità di interpretare la disciplina della mediazione obbligatoria, quale ipotesi di giurisdizione condizionata, in modo non estensivo, ovvero in modo da non rendere eccessivamente complesso o dilazionato l’accesso alla tutela giurisdizionale – depongono nel senso che l’onere della parte che intenda agire in giudizio – o che, avendo agito, si sia vista opporre il mancato preventivo esperimento della mediazione e sia stata perciò rimessa davanti al mediatore dal giudice – di dar corso alla mediazione obbligatoria possa ritenersi adempiuto con l’avvio della procedura di mediazione e con la comparizione al primo incontro davanti al mediatore, all’esito del quale, ricevute dal mediatore le necessarie informazioni in merito alla funzione ed alle modalità di svolgimento della mediazione, può liberamente manifestare il suo parere negativo sulla possibilità di utilmente iniziare (“rectius“, proseguire) la procedura di mediazione.

A giudizio della Suprema Corte, tale opzione ermeneutica è indotta dalla stessa struttura del procedimento conciliativo, disciplinata dal citato art. 8 del D.lgs. n. 28 del 2010 e suddivisa in un primo incontro preliminare davanti al mediatore ed in uno o più incontri successivi di effettivo svolgimento della mediazione; ne consegue che soltanto se le parti gli danno il via per procedere alla successiva fase di discussione, il mediatore andrà effettivamente avanti, interloquendo con le parti fino a proporre o a far loro proporre una possibile soluzione, altrimenti si arresterà alla fase preliminare, all’esito della quale sono dovute solo le spese, e non anche il compenso del mediatore.

Quest’ultimo, specifica, la Corte regolatrice, non andrà in ogni caso avanti, dando atto dell’esito negativo della mediazione, se il potenziale convenuto non compare, o se compare e dichiara di non essere interessato alla mediazione. Tale condotta potrà eventualmente essere oggetto di valutazione da parte del giudice per l’applicazione del regime della pena processuale e pecuniaria previsto dallo stesso legislatore (cfr., art. 8, comma 4–bis, del D.lgs. n. 28 del 2010). Diversamente, se anche il convenuto compare ed è l’attore che dichiara che non intende impegnarsi nella mediazione, deve ritenersi che il mediatore non possa che prenderne atto: la mediazione, definita con esito negativo già al termine dell’incontro preliminare, dovrà considerarsi ritualmente esperita e la condizione di procedibilità, di conseguenza, parimenti ritualmente soddisfatta.

In conclusione, si richiede:
• l’attivazione del procedimento di mediazione,
• la scelta del mediatore,
• la convocazione della controparte,
• la comparizione personale o ritualmente delegata davanti al mediatore e, infine,
• la partecipazione al primo incontro.

Durante lo svolgimento di quest’ultimo, la parte riottosa, se da un lato può liberamente convincersi di provare effettivamente e fino in fondo la strada della soluzione alternativa alla controversia, non può dall’altra, al fine di ritenere soddisfatta la condizione di procedibilità, essere vincolata ad assumere un impegno in positivo, avviando comunque una discussione alternativa rispetto al giudizio.
Per contro, non può mai costituire idonea modalità di svolgimento della mediazione la mera comunicazione di aver sondato l’altra parte ed avere concordemente escluso la possibilità di addivenire ad un accordo: tale condotta, infatti, conclude il giudice di legittimità, costituisce elusione dell’onere di comparizione personale o delegata innanzi al mediatore e di partecipazione al primo incontro.

Fonte: “Percorso di giurisprudenza – Mediazione civile e commerciale” , curato per Plus Plus 24 Diritto dall’Avv. Federico Ciaccafava