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ono pochi i casi in cui la mediazione va a buon fine per i contratti bancari, assicurativi e finanziari. Però il Governo è intenzionato a mantenerne l’obbligatorietà per poter poi ricorrere eventualmente al giudice

di Antonio Criscione e Marzia Redaelli
2 giugno 2021
Mediazione da eliminare o da confermare per i contratti bancari, finanziari e assicurativi? Il Governo Conte aveva presentato un disegno di legge di Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, che prevedeva l’eliminazione dell’obbligo di mediazione obbligatoria per questi contratti come precondizione per accedere – eventualmente – alle aule di tribunale. Il Governo Draghi invece rilancia l’istituto della mediazione senza più cancellarla per i contratti assicurativi, bancari e finanziari.
La relazione al Ddl presentato dal governo Conte spiegava: «le statistiche elaborate dal Ministero della giustizia rendono evidente il successo dell’istituto in alcuni settori e il suo insuccesso in altri, in particolare, nella materia bancaria e assicurativa e nelle controversie in materia di responsalità sanitaria, nei quali sono stati previsti e operano altri istituti finalizzati ad agevolare una soluzione stragiudiziale della controversia».
Eppure il Governo Draghi, in un’ottica di potenziamento degli istituti di deflazione del contenzioso (quelli cioè che limitano il ricorso alla giustizia ordinaria, per evitare che quest’ultima resti ingolfata dal gran numero di cause) prevede di estendere il ricorso alla mediazione e di non eliminarla per i contratti bancari, finanziari e assicurativi. Inoltre, il testo del Governo indica degli incentivi fiscali per chi vi ricorre. L’incentivo alle forme alternative di giustizia è inquadrata anche in ottica di coesione sociale dalla Commissione presieduta dal professor Francesco Paolo Luiso (inviata al ministro Cartabbia lo scorso 24 maggio). Secondo la commissione, una possibile revisione delle materie per cui è prevista la mediazione potrebbe arrivare dopo cinque anni di prova.
«Sui contratti bancari, finanziari e assicurativi ci sono undici anni di statistiche – spiega l’avvocato Marco Rossi dello studio Rossi Rossi & Partners di Verona -, le quali hanno dimostrato che i convenuti (per lo più i clienti bancari) non aderiscono alla mediazione e che, sul totale delle mediazioni azionate, se ne chiude positivamente solo una piccolissima percentuale. I costi della mediazione avviata senza esito gravano sui clienti e sulle banche, che però poi li scaricano di nuovo sulla clientela attraverso l’aumento degli oneri dei finanziamenti».
Marco Marinaro, docente alla Luiss ed esperto di Adr, precisa: «Occorre comprendere quale sia il ruolo della mediazione in un sistema di dispute resolution poliedrico e sostenibile. Quello dei numeri è un falso problema se non sono chiare le scelte di politica legislativa da orientare valutando prima i profili qualitativi. D’altro canto, le statistiche non tengono conto della percentuale di accordi raggiunti all’esito di una mediazione effettiva, come non considerano la sua funzione di ricucitura del tessuto sociale. Per rendere più efficace la mediazione in ambito bancario, assicurativo e finanziario – in sinergia con i sistemi Adr delle Authorities – servono correttivi, ad esempio, per rafforzare l’attività peritale in mediazione, ma anche per estendere gli incentivi. In tal senso, la strada indicata dalla Commissione Luiso è da condividere. Resta poi cruciale il sistema delle sanzioni che andrebbe ripensato, senza trascurarne il profilo applicativo».
Se si guarda ai numeri, questi sono piuttosto impietosi. Rossi sottolinea come nel 2020 sui contratti bancari siano arrivati a conciliazione (l’esito della mediazione) il 2,88% delle richieste; sui contratti finanziari il 3,5% e su quelli assicurativi il 5,11 per cento.
Le soluzioni che si prospettano sono allora diverse. Occorre ricordare, innanzitutto, che in questi settori operano già due arbitri (l’Arbitro bancario-finanziario -Abf-, e l’Arbitro per le controversie finanziarie – Acf -, istituiti rispettivamente da Bankitalia e Consob) il cui successo invece è generalmente riconosciuto. In aggiunta, il ricorso a questi arbitri vale come tentativo di conciliazione per potersi rivolgere eventualmente al giudice. Tuttavia, una devoluzione agli arbitri specializzati di tutta la mediazione era stata segnalata come problematica già da Banca d’Italia in una audizione in Parlamento sul disegno di legge Bonafede lo scorso 27 ottobre. Gli arbitri sono strumenti attivabili solo dai clienti, con limiti temporali e di importi non previsti per la mediazione.
Fonte: Sole24 ore