Il 14 marzo 2020 sindacati e imprese, in accordo con il Governo, hanno firmato il protocollo per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori dal contagio da Covid-19, al fine di garantire la salubrità dell’ambiente lavorativo. Il rispetto del Protocollo è richiamato nel DPCM 22 marzo 2020 anche per tutte le attività produttive che non sono state sospese dal decreto governativo.
Di seguito le principali misure indicate:
- L’obbligo di restare al proprio domicilio, se presente febbre oltre 37.5 , altri sintomi influenzalio se sussistano le condizioni di pericolo (es: provenienza da zone a rischio o contatti con persone positive al virus);
- L’impegno a rispettare tutte le disposizioni delle Autorità e del datore di lavoro nel fare accesso in azienda (in particolare mantenere la distanza di sicurezza, osservare le regole di igiene delle mani e tenere comportamenti corretti sul piano dell’igiene in generale);
- Il personale potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se questa risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso al luogo di lavoro (ad ogni modo i dati sanitari dovranno essere conservati per i tempi strettamente necessari e comunque non oltre la fine dello stato emergenziale);
- Pulizia e sanificazione in azienda;
- Precauzioni igieniche personali;
- Dispositivi di protezione individuale (guanti e mascherine);
- Organizzazione aziendale (turnazione, trasferte e smart working, rimodulazione dei livelli produttivi);
- Limitazioni a spostamenti interni, riunioni, eventi e formazione(sì alle modalità telematiche)
- Spazi comuni con accessi contingentati
- Sì ad ammortizzatori sociali e ferie
- Gestione di un caso sintomatico
Nel caso in cui una persona presente in azienda sviluppi febbre o altri sintomi di infezione respiratoria, dovrà dichiararlo immediatamente all’ufficio del personale, procedendo di conseguenza al suo isolamento e a quello degli altri presenti. L’azienda avvertirà immediatamente le autorità sanitarie competenti e i numeri di emergenza per il Covid-19 forniti dalla Regione o dal Ministero della Salute. Sarà costituito altresì in azienda un Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione.
Il datore di lavoro, in qualità di titolare del trattamento, è chiamato a trattare dati anche particolari, ai sensi dell’art.9 GDPR, dei lavoratori e di eventuali soggetti terzi che facciano accesso ai locali aziendali. Si può pertanto constatare, come specificato nel provvedimento del Garante 2 marzo 2020, che non sono consentite a priori raccolte di informazioni riguardanti lo stato di salute dei lavoratori ad opera dei datori di lavoro, in modo sistematico e senza criteri definiti. Lo stato emergenziale consente, infatti, esclusivamente l’adozione di misure anche eccezionali che implicano il trattamento di dati personali, purché caso per caso ne siano valutate la necessità e la proporzionalità in relazione alla finalità perseguita.
I dati idonei a rivelare informazioni sullo stato di salute del dipendente, infatti, non possono essere diffusi. Saranno la Protezione civile o le autorità sanitarie che provvederanno a contattare singolarmente i soggetti a rischio, entrati in contatto con il lavoratore risultato positivo, al fine di adottare gli opportuni provvedimenti (monitoraggio e quarantena).