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Il caso: Cinque società, un padre, due figli, la stipulazione di un patto di famiglia con il trasferimento di tutte le partecipazioni societarie al figlio, l’apertura del testamento del padre con l’assegnazione di tutti i beni alla figlia. Viene avviata la mediazione per determinare il valore delle quote del patto di famiglia e l’eventuale conguaglio alla figlia.

Presso la sede dell’Organismo di conciliazione XY, il mediatore riceve il dottor Mario Rossi, destinatario delle partecipazioni delle società paterne con il proprio avvocato, Franchi, e l’avvocato Scotti insieme alla sua assistita, signora Rosa Rossi, la quale ha presentato la domanda di mediazione. Dopo il discorso introduttivo del mediatore le parti espongono i fatti, motivo di lite. L’avvocato Scotti spiega di aver indicato alla signora Rossi di presentare domanda di mediazione, ai sensi dell’articolo 5 del Dlgs 28/2010, perché, a seguito della morte del padre, è venuta a conoscenza del fatto che tutte le partecipazioni societarie dello stesso, trasmesse al fratello Mario attraverso un patto di famiglia, avevano un valore di gran lunga superiore a quello di tutti gli altri beni caduti in successione testamentaria, tenendo conto che i due figli erano gli unici eredi dal padre, essendo la madre premorta.

Più precisamente in sede di stipula del patto di famiglia la signora Rossi non era stata liquidata dal fratello della quota a lei spettante e, dopo la morte del padre e a seguito dell’apertura del testamento che lasciava a lei tutti i beni mobili e immobili, in considerazione del valore nettamente inferiore degli stessi, si era rivolta al fratello per chiedere la liquidazione della quota a lei effettivamente spettante in virtù della differenza di valore tra le partecipazioni oggetto del patto di famiglia e i beni ricevuti in eredità. La signora, sulla base di una perizia di stima, che aveva anche allegato alla domanda di mediazione, riteneva che il valore delle quote oggetto del patto di famiglia fosse pari a 10.000.000,00 di euro mentre il valore dei beni da lei ereditati fosse pari a 7.500.000,00 euro, e che il fratello, dopo aver tenuto un comportamento dilatorio per alcuni mesi, le aveva proposto la corresponsione di una somma pari a 100.000,00 euro a saldo e stralcio di ogni pretesa. La signora, alla luce della perizia in suo possesso, aveva ritenuto assolutamente inaccettabile la proposta del fratello e, non senza una grande delusione, aveva deciso di intraprendere un’azione in sede legale per vedere soddisfatte le proprie legittime pretese e aveva, quindi, deciso, a seguito dell’indicazione ricevuta dal proprio avvocato, di promuovere il tentativo di mediazione.

L’avvocato del dottor Rossi, invitato a esprimere il proprio punto di vista sulla questione, respinge con decisione la ricostruzione dell’avvocato Scotti, dichiarando di avere, a sua volta, depositato ampia documentazione dalla quale risulta che il valore delle partecipazioni oggetto del patto di famiglia è di gran lunga inferiore al valore dei beni ereditati dalla sorella, per cui ne deriverebbe un diritto del proprio assistito di richiedere alla sorella una parte dei beni dalla stessa ereditati dal padre per un valore complessivo superiore a 2.000.000,00 di euro.

Riassunto e approfondito quanto detto dall’avvocato Franchi, il mediatore chiede dapprima alla signora Rossi di parlargli dell’attività del padre e delle sue volontà nella ripartizione dei beni tra i figli.

La signora racconta che oltre 30 anni prima il padre aveva costituito le cinque società le cui partecipazioni per il tramite del patto di famiglia erano andate al fratello, il quale dopo gli studi universitari aveva cominciato a lavorare con il padre, mentre lei aveva iniziato subito a lavorare con il padre come amministratrice di alcune società dopo la scuola superiore per poi abbandonarle per dedicarsi alla famiglia e ai propri tre figli.

Ringraziata la signora, il mediatore si rivolge ora al dottor Rossi e gli chiede di esprimere il proprio punto di vista. Egli ricorda di aver sempre avuto ottimi rapporti con la sorella anche durante il periodo in cui avevano lavorato insieme e la delusione del padre a seguito della scelta della sorella di dedicarsi alla famiglia per il bene dei suoi figli, abbandonando le società di famiglia. Tale scelta della sorella aveva portato il padre desideroso di accontentare entrambi i figli a lasciare tutte le partecipazioni societarie a lui e i beni mobili e immobili di eguale valore alla sorella, allo scopo di evitare di disperdere il patrimonio di famiglia ed evitare che eventuale tensioni tra i figli potessero avere ripercussioni negative sulle società stesse. Tuttavia dopo l’apertura del testamento era emerso che i beni lasciati alla sorella avevano un valore di gran lunga superiore alle partecipazioni oggetto del patto di famiglia.

Approfondito il punto di vista del dottor Rossi, il mediatore procede alle sessioni separate, invitando la signora Rossi e il suo legale a un colloquio individuale e facendo accomodare il dottor Rossi in altra sala.

Si avvia la fase dell’esplorazione degli interessi e dei bisogni delle parti, attraverso incontri individuali.

Il mediatore rammenta il proprio vincolo di riservatezza e chiede alla signora Rossi di approfondire quanto esposto nell’incontro congiunto. La signora, chiedendo al mediatore che non venga riferito all’altra parte, fa presente che, a suo avviso, i beni a lei lasciati hanno un valore nettamente inferiore rispetto alle quote societarie del fratello, ma che in realtà non è più di tanto interessata al denaro quanto piuttosto ad avere di nuovo un ruolo attivo nelle società oggi di proprietà del fratello, essendo oramai i figli divenuti maggiorenni. Il mediatore, dopo attento esame, appura che vi è un margine di trattativa al riguardo.

Verificato quanto può riferire all’altra parte, il mediatore incontra il dottor Rossi con il legale e lo invita ad approfondire la sua posizione. Il dottor Rossi riprende dal disappunto provato per le ingiuste accuse mosse nei suoi confronti dalla sorella raccontando il difficile momento che ha dovuto affrontare quando, durante l’attuale crisi economica, ha dovuto improvvisamente gestire da solo le società dopo la morte del padre. Non è intenzionato in alcun modo a riconoscere somme di denaro alla sorella, avendo investito nelle società ogni sua risorsa e non è intenzionato a vendere partecipazioni per pagare la sorella, dovendo peraltro investire ulteriore denaro per un nuovo amministratore per almeno due delle società, non essendo più in grado di gestirle tutte al meglio da solo. La pretesa economica avanzata nei confronti della sorella è semplicemente volta a tentare di arginare le pretese economiche della stessa, ma non è in alcun modo interessato a ricevere soldi dalla sorella anche perché ciò sarebbe stato contrario ai desideri del padre e alla ripartizione dei beni dallo stesso effettuato con il patto di famiglia e con il testamento.

Il mediatore si sofferma con l’avvocato Franchi a verificare le possibili soluzioni della vertenza.

Verificato con la parte e il suo legale quanto può riferire, il mediatore convoca in incontro individuale la signora Rossi per cercare di spostare la sua attenzione verso il futuro e aiutarla a formulare delle opzioni per affrontare la situazione.

La signora Rossi dichiara la propria volontà di rinunciare a qualsiasi azione per ottenere la compensazione in denaro o altri beni derivanti dalla stipulazione del patto di famiglia a favore del fratello, sia per archiviare definitivamente tutte le preoccupazioni e le discussioni con il fratello, sia per poter tornare a lavorare come amministratrice all’interno delle società che furono del padre. Autorizzato dalla signora a riferirle, il mediatore sottopone queste opzioni al dottor Rossi il quale dichiara la propria volontà di non agire per la violazione della sua quota di legittima derivante dal testamento con il quale il padre aveva lasciato tutti i beni immobili alla sorella allo scopo di non coltivare un inutile contenzioso con la sorella, con la quale era sempre stato in ottimi rapporti, e si dichiara disposto a nominare la stessa amministratrice di due società di cui è proprietario, per potere tornare a lavorare con la sorella, anche in considerazione del fatto che ciò avrebbe riempito di gioia pure il defunto padre.

Le parti giungono all’accordo. Il mediatore, a fronte della vicinanza delle posizioni, decide di riunire le parti nell’incontro congiunto dove riassume i passi compiuti finora: entrambe le parti sono interessate a che le partecipazioni rimangano nelle mani del dottor Rossi e che i beni mobili e immobili rimangano di proprietà della signora Rossi. Inoltre, la signora Rossi vorrebbe ritornare all’interno delle società create dal padre quale amministratrice e il signor Rossi non si è dimostrato contrario a tale ipotesi.

La signora Rossi, sentito il proprio avvocato, accetta la proposta di ritornare a essere l’amministratrice unica di due delle società delle fratello con un compenso predeterminato con una quota fissa e una variabile in relazioni agli utili prodotti dalla società, lasciando tutte le partecipazioni nelle mani del fratello e rinunciando a qualsivoglia compensazione in denaro.

Il dottor Rossi, tramite il legale, accetta la proposta della sorella di essere nominata amministratrice di due società senza alcun conguaglio di denaro a fronte del valore quasi identico delle partecipazioni sociali a quello dei beni mobili e immobili lasciati dal padre alla sorella mediante testamento, rinunciando a ogni azione per lesione della quota di legittima. La signora Rossi dopo aver consultato il proprio legale decide di accettare e il mediatore chiede agli avvocati di redigere i dettagli dell’accordo che verrà sottoscritto. Terminata la stesura dell’accordo, il mediatore lo legge e insieme alle parti lo sottoscrive, con reciproca soddisfazione.

LA GIURISPRUDENZA

Come avrebbe deciso invece il giudice?

Nel procedimento per la reintegrazione della quota di eredità riservata al legittimario, si deve avere riguardo al momento di apertura della successione per calcolare il valore dell’asse ereditario – mediante la cosiddetta riunione fittizia – stabilire l’esistenza e l’entità della lesione della legittima, nonché determinare il valore dell’integrazione spettante al legittimario leso. Peraltro, qualora tale integrazione venga effettuata mediante conguaglio in denaro, nonostante l’esistenza, nell’asse, di beni in natura, trattandosi di credito di valore e non già di valuta, essa deve essere adeguata al mutato valore – al momento della decisione giudiziale – del bene a cui il legittimario avrebbe diritto, affinché ne costituisca l’esatto equivalente, dovendo pertanto procedersi alla relativa rivalutazione.

Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza 19 marzo 2010 n. 6709

In materia di successione ereditaria, l’erede legittimario che sia stato pretermesso acquista la qualità di erede soltanto dopo il positivo esercizio dell’azione di riduzione; ne consegue che, prima di questo momento, egli non può chiedere la divisione ereditaria né la collazione dei beni, poiché entrambi questi diritti presuppongono l’assunzione della qualità di erede e l’attribuzione congiunta di un asse ereditario.

Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza 13 gennaio 2010 n. 368

A norma dell’articolo 557, comma 1, del Cc, l’azione di riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima, avendo natura patrimoniale, può essere proposta non solo dai legittimari ma anche dai loro eredi o aventi causa dal momento che il carattere personale dell’azione non incide sulla trasmissibilità del diritto ma esclusivamente sull’accertamento della lesione che deve essere limitata alla quota di colui che agisce.

Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza 4 agosto 1995 n. 8611

L’esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie lesive della legittima non preclude al legittimario l’azione di riduzione salvo che egli non abbia manifestato in modo non equivoco la volontà di rinunciare a far valere la lesione.

Corte di cassazione, sezione II civile, sentenza 30 ottobre 2008 n. 26254